IL PRINCIPIO DEL DUBBIO
IDEALITER IN INFINUTUM
Didymos and Beatrice Migliorati is working on the second step
La ricerca operata nella Gipsoteca Giulio Monteverde (vedi pag.13) non ha prodotto un processo chiuso ma ha aperto delle possibilità. Per questo motivo si propone un second step del lavoro. Tale proseguimento estremizza le tesi rilevate nel fare e le porta a conseguenze ragionate ma anche ignote.
L’allontanamento dallo spazio della Gipsoteca per la prosecuzione del lavoro, risulta fondamentale per estendere il processo e distanziarsi fisicamente dagli originali monteverdiani. Questo sguardo da lontano non cancella la relazione tra Il Principio del Dubbio e la Gipsoteca, ma al contrario può favorire una visione d’insieme che, stando a contatto con l’eredità storica di Monteverde e con una realtà museale pregna della tecnica scultorea nel suo farsi, rischia di mancare.
La dilatazione del tempo a disposizione per provare ad esaurire il tentativo è un’altra determinante per l’estensione possibile del lavoro. Il tempo, nella pratica scultorea e nella pratica logica, è centrale perché permette di avere un ampio spettro nella ricerca delle probabilità. La successione potenzialmente infinita di stampi e calchi necessita di un tempo di lavoro prolungato e continuo per poter attivare una consequenzialità di un certo numero di pezzi, che porti allo svolgimento di n. conseguenze logiche.
Uno degli strumenti alla base del fare sarà la logica, in particolare la logica modale.
La logica modale è la logica della necessità e della possibilità, del deve essere e del può essere. Con ciò si intende che la logica modale considera non solo la verità e falsità rispetto a ciò che è o non è per come le cose stanno attualmente, ma considera anche cosa sarebbe vero o falso se le cose fossero diversamente.
G. E. Hughes, H. Cresswell in [Hughes-Cresswell 1973]
Ne Il Principio del Dubbio essa verrà slegata da ogni dinamica di applicazione tecnicistica o meglio in dialettica con essa, per svelare i punti limite e potenziali della complessità umana: la necessità, la possibilità, nell’incertezza. Con un interesse filosofico e gnoseologico al processo logico, ne esplorerà le possibilità di strumento autoriflessivo per poi metterlo in dubbio, prima che possa diventare modello assoluto, in una alternanza di verità intere, parziali, disgregate, eterogenee, al limite del collasso.
I RISULTATI DELLA RICERCA del primo step
Strumenti: tecniche di formatura e calco con argilla, gesso, lattice, cera, cemento.
Dai 5 stampi a tassello ottenuti, ha avuto inizio una successione di stampi e calchi, testando l’assunto.
Ogni originale ha dato luogo a processi diversi in relazione alle proprie strutture eidetiche:
> l’originale, nel ragionamento platonico, dovrebbe essere lo stampo, dunque uno spazio vuoto definito da un margine. In questo caso invece l’origine del processo è un positivo pieno, materia solida. La relazione tra originale/multiplo, stampo/calco, vuoto/pieno, idea/cosa, si ribalta in primis a causa dei vincoli della tecnica
scultorea, che genera lo stampo dalla precedente modellazione di una forma piena;
> La non riconoscibilità tra stampi e calchi si manifesta nell’inevitabile modificazione dell’originale e dello stampo, dei calchi e degli stampi a seguire, nell’azione di distacco del calco dallo stampo. Questo processo implica che l’originale non abbia più le caratteristiche formali di partenza, gli stampi mutando danno copie differenti tra loro che originano coerentemente stampi differenti, in modo continuo. A questo punto non è più immediato riconoscere cosa sia calco e cosa sia stampo; in altra analisi, l’espansione dell’errore comporta la variabilità irreversibile e continua di originali e copie, diventandone carattere eidetico.
> La possibilità per un oggetto di essere allo stesso tempo calco e stampo si raggiunge utilizzando materiali che permettano di ottenere degli spessori minimi, al punto che possano essere creati una serie di calchi e stampi uno dentro l’altro. In altra analisi da questa stratificazione, la tesi platonica riprende consistenza con l’allontanamento del dettaglio formale, dal primo stampo all’ultima copia ottenuta;
> La materia torna a se stessa nell’indefinito. Nella necessaria mutevolezza del calco, portato al suo esaurimento estensivo, lo stampo perde riconoscibilità rispetto all’originale fino a divenire/ritornare materia potenziale.
> Dati n. positivi ottenuti da uno stampo molle, abbiamo n. conclusioni nelle quali i differenti gradi di deformazione evidenziano determinate caratteristiche essenziali e gradi di “familiarità” fra i calchi e tra i calchi e l’originale. Presi tutti gli aspetti relativi alla percezione di un dato fenomeno, questi aspetti si sottopongono a variazione. Ciò che alla vista risulta differenza dall’originale viene ignorato per riconoscere i caratteri immutati che costituiscono l’essenza percettiva del fenomeno. Pur nella deformazione, più ci si allontana, più ci si avvicina all’originale, aderendo alla sua essenza.
> Sovvertendo la funzionalità dei processi scultorei, nei quali lo stampo è una forma cava che viene riempita da materia che costituirà il positivo; si può considerare lo stampo come un oggetto concavo da un lato e convesso dall’altro o anche, vuoto da un lato e pieno dall’altro. Quindi è possibile ricavarne un calco da un lato e uno stampo dall’altro, aprendo due successioni da un’unica origine.
Il processo creativo consisterà nell’estensione del potenziale contenuto nel lavoro sviluppato presso Museo Gipsoteca Giulio Monteverde , dal punto dove è rimasto sospeso. Proseguendo in tale direzione si andrà a portare ogni aspetto rilevato nella ricerca alle sue estreme conseguenze, giungendo ad un punto limite, oltre il quale la successione stampo/calco non potrà più avvenire. Sarà in questo momento che si avrà un nuovo “originale” dal quale iniziare un’altra volta, attraverso il modellato in argilla.
Il processo, in un movimento spiraliforme, avanza e si ripete al tempo stesso, nella formulazione continua di ragionamenti che possono rafforzare le tesi precedenti o sfaldare e aumentare il grado di incertezza dei risultati, in una tensione logica senza posa. Nessuna conclusione può essere definitiva. In questi termini, i contenuti della ricerca e gli strumenti vengono posti sullo stesso piano e giustificati ogni volta per riprendere una flessibile validità. Un criterio di non totale controllabilità che non può, in assoluto, permettersi di “possedere” il concetto di chiarezza se non di adombramento, di “scienza rigorosa” se non di esercizio paradossale, concependo il limite o le infinite possibilità della “precarietà” del pensiero come tesi ipotetica senza cadere in un paradigma dubitativo.
Un altro strumento sarà la fotografia, che in questa fase agirà coesistendo al processo scultoreo e logico nel suo farsi. Origine del lavoro sarà l’analisi dei caratteri fondamentali e dalla messa tra parentesi delle funzioni abituali condivise della fotografia, che si articolerà in tre fasi :
“MODELLATO” FOTOGRAFICO: con ispirazione alla straight photography, l’immagine impressa riporta senza giudizio il gesso monteverdiano originale. Viene interrogata l’appartenenza dell’immagine fotografica alla categoria di indice.
“PROCESSO” FOTOGRAFICO: l’immagine fotografica diviene strumento di interpretazione e, soprattutto, di relazione col reale. La fotografia è inseparabile dall’esperienza e dall’atto fotografico. Viene interrogata l’autosussistenza dell’immagine fotografica singola.
“CALCO” FOTOGRAFICO: l’opus fotografico, declinato in diversi supporti fisici (pellicola negativa, stampa positiva, diapositiva proiettata) riporta e sovrappone gli elementi scultorei, in concomitanza fisica ad essi.
Viene interrogata, nuovamente, la relazione tra originale/multiplo, oggetto/effige, sensibile/simulacro,
poiesis/mimesis.
Anche attraverso la ricerca fotografica il desiderio è dunque quello di esaurire il tentativo tendendo alle estreme conseguenze: sospendendo i giudizi di valore su “autentico” e “copia”, “reale” e “rappresentazione”, si potrebbe riscontrare che il nucleo di significato sussista proprio nella relazione circolare tra le due sfere di esistenza, che vicendevolmente si alimentano e giustificano
L’allontanamento dallo spazio della Gipsoteca per la prosecuzione del lavoro, risulta fondamentale per estendere il processo e distanziarsi fisicamente dagli originali monteverdiani. Questo sguardo da lontano non cancella la relazione tra Il Principio del Dubbio e la Gipsoteca, ma al contrario può favorire una visione d’insieme che, stando a contatto con l’eredità storica di Monteverde e con una realtà museale pregna della tecnica scultorea nel suo farsi, rischia di mancare.
La dilatazione del tempo a disposizione per provare ad esaurire il tentativo è un’altra determinante per l’estensione possibile del lavoro. Il tempo, nella pratica scultorea e nella pratica logica, è centrale perché permette di avere un ampio spettro nella ricerca delle probabilità. La successione potenzialmente infinita di stampi e calchi necessita di un tempo di lavoro prolungato e continuo per poter attivare una consequenzialità di un certo numero di pezzi, che porti allo svolgimento di n. conseguenze logiche.
Uno degli strumenti alla base del fare sarà la logica, in particolare la logica modale.
La logica modale è la logica della necessità e della possibilità, del deve essere e del può essere. Con ciò si intende che la logica modale considera non solo la verità e falsità rispetto a ciò che è o non è per come le cose stanno attualmente, ma considera anche cosa sarebbe vero o falso se le cose fossero diversamente.
G. E. Hughes, H. Cresswell in [Hughes-Cresswell 1973]
Ne Il Principio del Dubbio essa verrà slegata da ogni dinamica di applicazione tecnicistica o meglio in dialettica con essa, per svelare i punti limite e potenziali della complessità umana: la necessità, la possibilità, nell’incertezza. Con un interesse filosofico e gnoseologico al processo logico, ne esplorerà le possibilità di strumento autoriflessivo per poi metterlo in dubbio, prima che possa diventare modello assoluto, in una alternanza di verità intere, parziali, disgregate, eterogenee, al limite del collasso.
I RISULTATI DELLA RICERCA del primo step
Strumenti: tecniche di formatura e calco con argilla, gesso, lattice, cera, cemento.
Dai 5 stampi a tassello ottenuti, ha avuto inizio una successione di stampi e calchi, testando l’assunto.
Ogni originale ha dato luogo a processi diversi in relazione alle proprie strutture eidetiche:
> l’originale, nel ragionamento platonico, dovrebbe essere lo stampo, dunque uno spazio vuoto definito da un margine. In questo caso invece l’origine del processo è un positivo pieno, materia solida. La relazione tra originale/multiplo, stampo/calco, vuoto/pieno, idea/cosa, si ribalta in primis a causa dei vincoli della tecnica
scultorea, che genera lo stampo dalla precedente modellazione di una forma piena;
> La non riconoscibilità tra stampi e calchi si manifesta nell’inevitabile modificazione dell’originale e dello stampo, dei calchi e degli stampi a seguire, nell’azione di distacco del calco dallo stampo. Questo processo implica che l’originale non abbia più le caratteristiche formali di partenza, gli stampi mutando danno copie differenti tra loro che originano coerentemente stampi differenti, in modo continuo. A questo punto non è più immediato riconoscere cosa sia calco e cosa sia stampo; in altra analisi, l’espansione dell’errore comporta la variabilità irreversibile e continua di originali e copie, diventandone carattere eidetico.
> La possibilità per un oggetto di essere allo stesso tempo calco e stampo si raggiunge utilizzando materiali che permettano di ottenere degli spessori minimi, al punto che possano essere creati una serie di calchi e stampi uno dentro l’altro. In altra analisi da questa stratificazione, la tesi platonica riprende consistenza con l’allontanamento del dettaglio formale, dal primo stampo all’ultima copia ottenuta;
> La materia torna a se stessa nell’indefinito. Nella necessaria mutevolezza del calco, portato al suo esaurimento estensivo, lo stampo perde riconoscibilità rispetto all’originale fino a divenire/ritornare materia potenziale.
> Dati n. positivi ottenuti da uno stampo molle, abbiamo n. conclusioni nelle quali i differenti gradi di deformazione evidenziano determinate caratteristiche essenziali e gradi di “familiarità” fra i calchi e tra i calchi e l’originale. Presi tutti gli aspetti relativi alla percezione di un dato fenomeno, questi aspetti si sottopongono a variazione. Ciò che alla vista risulta differenza dall’originale viene ignorato per riconoscere i caratteri immutati che costituiscono l’essenza percettiva del fenomeno. Pur nella deformazione, più ci si allontana, più ci si avvicina all’originale, aderendo alla sua essenza.
> Sovvertendo la funzionalità dei processi scultorei, nei quali lo stampo è una forma cava che viene riempita da materia che costituirà il positivo; si può considerare lo stampo come un oggetto concavo da un lato e convesso dall’altro o anche, vuoto da un lato e pieno dall’altro. Quindi è possibile ricavarne un calco da un lato e uno stampo dall’altro, aprendo due successioni da un’unica origine.
Il processo creativo consisterà nell’estensione del potenziale contenuto nel lavoro sviluppato presso Museo Gipsoteca Giulio Monteverde , dal punto dove è rimasto sospeso. Proseguendo in tale direzione si andrà a portare ogni aspetto rilevato nella ricerca alle sue estreme conseguenze, giungendo ad un punto limite, oltre il quale la successione stampo/calco non potrà più avvenire. Sarà in questo momento che si avrà un nuovo “originale” dal quale iniziare un’altra volta, attraverso il modellato in argilla.
Il processo, in un movimento spiraliforme, avanza e si ripete al tempo stesso, nella formulazione continua di ragionamenti che possono rafforzare le tesi precedenti o sfaldare e aumentare il grado di incertezza dei risultati, in una tensione logica senza posa. Nessuna conclusione può essere definitiva. In questi termini, i contenuti della ricerca e gli strumenti vengono posti sullo stesso piano e giustificati ogni volta per riprendere una flessibile validità. Un criterio di non totale controllabilità che non può, in assoluto, permettersi di “possedere” il concetto di chiarezza se non di adombramento, di “scienza rigorosa” se non di esercizio paradossale, concependo il limite o le infinite possibilità della “precarietà” del pensiero come tesi ipotetica senza cadere in un paradigma dubitativo.
Un altro strumento sarà la fotografia, che in questa fase agirà coesistendo al processo scultoreo e logico nel suo farsi. Origine del lavoro sarà l’analisi dei caratteri fondamentali e dalla messa tra parentesi delle funzioni abituali condivise della fotografia, che si articolerà in tre fasi :
“MODELLATO” FOTOGRAFICO: con ispirazione alla straight photography, l’immagine impressa riporta senza giudizio il gesso monteverdiano originale. Viene interrogata l’appartenenza dell’immagine fotografica alla categoria di indice.
“PROCESSO” FOTOGRAFICO: l’immagine fotografica diviene strumento di interpretazione e, soprattutto, di relazione col reale. La fotografia è inseparabile dall’esperienza e dall’atto fotografico. Viene interrogata l’autosussistenza dell’immagine fotografica singola.
“CALCO” FOTOGRAFICO: l’opus fotografico, declinato in diversi supporti fisici (pellicola negativa, stampa positiva, diapositiva proiettata) riporta e sovrappone gli elementi scultorei, in concomitanza fisica ad essi.
Viene interrogata, nuovamente, la relazione tra originale/multiplo, oggetto/effige, sensibile/simulacro,
poiesis/mimesis.
Anche attraverso la ricerca fotografica il desiderio è dunque quello di esaurire il tentativo tendendo alle estreme conseguenze: sospendendo i giudizi di valore su “autentico” e “copia”, “reale” e “rappresentazione”, si potrebbe riscontrare che il nucleo di significato sussista proprio nella relazione circolare tra le due sfere di esistenza, che vicendevolmente si alimentano e giustificano
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